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La donna e la figura nella cultura e nella tradizione ebraica, cristiana e musulmana.

Immagine del redattore: GMFFGMFF

Aggiornamento: 30 mar 2020

Relatrici: Fiona Diwan, giornalista, Maryan Ismail, antropologa, Marina Gersony scrittrice e regista, Linda Pelliccioli docente di Teologia Moderate da Carlo Silini.

Fiona Diwan. Giornalista, attualmente dirige i Media della Comunità ebraica di Milano, il Magazine Bet, il sito web Mosaico, la Newsletter settimanale. Collabora con il quotidiano Il Foglio (recensioni cultura, ebraistica, saggistica e narrativa) e il mensile Elle (attualità e letteratura). Ex Inviato speciale, è stata Direttore dei periodici mensili GULLIVER (Rizzoli-De Agostini), FLAIR (Mondadori), GEO (Gruner und Jahr-Mondadori); ha collaborato con numerose testate periodiche e quotidiane tra cui Il Corriere della Sera, Il Sole24ore, Panorama, Io Donna, Casamica. Ha scritto un libro-memoir: Mille Mabrouk Monsieur Blanga. Ha partecipato a numerose conferenze e talk show sia come ospite che conduttore. E’ specializzata in cultura ebraica, Medioriente e realtà d’Israele, in temi legati al dialogo ebraico-cristiano.


Marina Gersony, giornalista, scrittrice e regista. Ha partecipato alla nascita di giornali (L’Indipendente), scritto per quotidiani (Il Giorno, Il Giornale, Il Tempo), settimanali (Panorama), mensili (Glamour, Elle), periodici (Aspenia e East-European and Asia Strategies). E ha lavorato in tivù: Tmc, Canale 5, Tele +, in Rai (Rai Educational, Rai 2 e Tg3). I temi di cui si occupa ruotano intorno a: letteratura, attualità, religioni (ebraismo, buddhismo, islam) Sul tema dell’immigrazione ha curato per il quotidiano Il Giornale la pagina “MilanoMultietnica” del lunedì. Ha pubblicato diversi libri, tra cui Milano Etnica (Zanzibar; IIa edizione Giunti, 1997, con E. Aguiari); Europa Low Cost (Sperling & Kupfer, 2005); Ci siamo, un saggio sull’immigrazione in Italia e Europa (Sperling & Kupfer, 2007, con O. Bitjoka, Pref. Giogio Vittadini; postf. Piero Bassetti). Ha girato diversi film e documentari, tra cui Il Generale Jaruzelski (Rai 2005); La vita di Benazir Bhutto (documentario-intervista, Rai 2005); Storie dei nuovi cittadini (inchiesta (h) 2006); Bushra (documentario prodotto da (h) 2008, selezionato dall’International Film Festival Sguardi Altrove); il documentario The Aspen Institute Italia (produzione (h) 2009); Israel, clash of peace (documentario in co-produzione (h). In qualità di docente ha tenuto dei corsi di scrittura creativa presso il Collegio di Milano.


Maryan Ismail

Nata a Mogadiscio 56 anni fa, antropologa, musulmana sufi, storica portavoce della comunità somala a Milano. Figlia di un politico e diplomatico, Maryan Ismail, acerrima avversaria dell’islam politico, nella battaglia contro l’integralismo ha perso persino anche un fratello, Yusuf Mohamed Ismail Bari-Bari, ambasciatore somalo all’Onu, ammazzato dai jihadisti di al Shabab il 27 marzo dell’anno scorso. Ismail si è opposta all’affidamento del bando per la moschea, sfidando i politici nel nome di un islam moderato e ha chiesto una moschea che garantisse la separazione della politica dalla religione. Popolare in tutte le comunità di immigrati per le sue battaglie a favore dei diritti umani, ha subìto minacce da musulmani integralisti che l’hanno tacciata di apostasia.


Linda Pelliccioli

Professore assistente alla Facoltà di teologia di Lugano, Svizzera, presso la cattedra di Teologia morale e il Centro di Studi Hans Urs von Balthasar. Ha conseguito il Baccellierato (1997), e Licenza in filosofia presso la Pontificia Università Gregoriana (1999) con specializzazione in filosofia cristiana; conseguimento del Baccellierato (2002) e della Licenza in Teologia (2004) presso la Facoltà di Teologia di Lugano con specializzazione in Teologia morale (Bioetica), Dottorato in filosofia (2009) presso la Pontificia Università Lateranense nell’antropologia filosofica. Ha tenuto dei corsi su: La diversità tra l’uomo e la donna: dalla discriminazione alla neutralizzazione?


Abstract intervento di Fiona Diwan

Dalle figure del mito biblico, ovvero Sara, Rebecca, Lea e Rachele… alla concezione del femminile nella Qabbalà, da filosofe del Novecento come Nechama Leibovitz e Blu Greenberg, alle scrittrici contemporanee nell’Israele di oggi… Un viaggio nell’identità femminile ebraica e nelle sue numerose sfaccettature.

Fin dalla narrazione del racconto ebraico di Bereshit, la Genesi, capiamo che il procedere della Creazione è una scala in progressione. Il Creatore plasma la donna, Eva, come ultima tra le creature: e poichè il disegno creazionale procede dal semplice al complesso, da ciò che è inanimato a ciò che è animato, la creazione del femminile suggella la fine dell’opera e ne è il coronamento. Nella narrazione biblica, arrivando per ultima, la donna corrisponde al massimo grado di complessità. Dopo la creazione della donna Dio si ritira, si riposa con lo Shabbat. Non solo: Dio rivela nello Shabbat la sua parte femminile manifestandosi come Shechinà. E la Shechinà cosa altro è se non la parte femminile del divino?, la presenza di Dio immanente nel Creato? Ovvero quando l’Altissimo sceglie di manifestarsi nella dimensione del Chesed, ovvero dell’Amore, e della Misericordia, in ebraico la Rachmanut (un termine che ha come radice le parole utero e parto).

Lo Shabbat sarebbe quindi, nella tradizione ebraica, la manifestazione della parte femminile di Dio, in quanto tempo interiore della ricezione e dell’accettazione. Coincide con lo spazio dell’ascolto, arrivando al termine della settimana vissuta all’insegna di una dimensione pubblica, esteriore, frenetica, maschile, ufficiale. Ecco dunque, arrivato il venerdì sera, si entra in un’altra dimensione attraverso la Cabbalat Shabbat, l’accoglienza del Sabato, con il canto liturgico Lehà dodì: “Vieni, mio amato, incontro alla sposa…”. Non a caso si dice Shabbat ha Malkà, Shabbat la Regina, la sposa…


Abstract intervento di Marina Gersony

Donne e la nuova identità meticcia

Numeri, tabelle, proiezioni e statistiche lo confermano: il fenomeno migratorio a livello mondiale è in continua crescita. Secondo gli esperti, piaccia o no, lo scenario prossimo sarà sempre di più all’insegna di un meticciato di civiltà, con ripercussioni irreversibili anche sulla cultura occidentale e a dispetto di ogni sogno di “purezza” con le derive totalitarie tristemente note. Mentre politici, filosofi e intellettuali si interrogano su una società in trasformazione e già trasformata, la realtà è sempre più meticcia, ibrida e “liquida”.

Saranno dunque le donne delle nuove generazioni meticce che sempre di più dovranno gestire le differenze interne (linguistiche, valoriali, religiose, ecc.) e le complesse relazioni con il parentado, la comunità e il mondo esterno. Europee e globali a tutti gli effetti per lingua, studi, frequentazioni e spesso per nascita, a volte diverse per colore della pelle o tratti somatici, rappresentano di fatto il nostro presente. In bilico tra la cultura d’origine e la cultura di accoglienza, hanno bisogno sempre di più di punti di riferimento forti per riconoscere se stessi e gli altri e soprattutto per comprendere che le differenze rappresentano modi diversi per vivere una comune dignità umana.





Corriere delTicino - 9 Marzo 2017


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